#MyFood&TravelTips: Visita alla Guido Berlucchi tra arte, storia e bollicine

14 Gennaio 2014

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Questa è la storia della determinazione e della costanza a rincorrere i propri obiettivi. Ed è la storia del non arrendersi mai, neanche dopo 6 anni di tentativi errati.

Perché è proprio in quel momento che arriva il risultato, il primo Pinot di Franciacorta creato da Guido Berlucchi.

Era il 1961.

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Camminare per la cantina di Berlucchi, sotto a Palazzo Lana, oltre ad essere un onore è un’esperienza incredibile se si pensa di essere circondati da 14 milioni di bottiglie.

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Quando si ha la fortuna di circondarsi di bellezza e di potersi immergere nell’arte il proprio percorso ottiene un beneficio.

La Guido Berlucchi è forte dell’arte che permea Palazzo Lana ma, al contempo, ospita installazioni permanenti di alcuni artisti contemporanei che ne hanno decorato le pareti (come vedete qui sopra in foto). Apprezzabilissimo connubio tra vino e nuove forme d’arte.

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A Borgonato, a un’ora da Milano, ci si trova nel cuore della Franciacorta dove tutto è nato grazie all’incontro tra Guido Berlucchi e Franco Ziliani. Ed è proprio lì che ho avuto l’occasione di andare a Dicembre.

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Prima vi dicevo che nel 1961 è arrivato il Pinot… ecco solo un anno dopo aver presentato il Pinot, arriva il Max rosé 1962 dedicato ad un amico di Berlucchi, Max Imbert.

Oggi i prodotti Franciacorta DOCG sono suddivisi in quattro linee: Berlucchi ’61, Cuvée Imperiale, la linea Cellarius e i prodotti top di gamma di Palazzo Lana.

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E così in una incantevole giornata di Dicembre ho accompagnato quattro food blogger alla scoperta della storia della Guido Berlucchi e, dopo la visita guidata alla cantina, abbiamo trascorso un po’ di tempo al meraviglioso Palazzo Lana.

Vi lascio alle parole di Federico Malgarini che, molto più tecnico di me, riesce a rendere l’idea alla perfezione.

Si inizia col Satèn della linea Berlucchi  ’61, un Franciacorta sans année composto da Chardonnay in purezza e che ha riposato per 24 mesi sui lieviti. Al naso è morbido e floreale, caratterizzato da un perlage fine e persistente risulta estremamente piacevole come aperitivo.

A seguire il Cellarius rosé 2008, Chardonnay 60%, Pinot nero 40% e con una sosta di almeno 30 mesi sui lieviti ha un naso molto aggraziato che si sofferma solo brevemente sui piccoli frutti rossi per poi dirigersi verso lidi di maggior finezza quali la scorza di arancia rossa e note di panificazione.

Notevole il Cellarius Pas Dosé 2008, Chardonnay 80% e Pinot nero 20%, almeno 42 mesi sui lieviti che vengono affrontati con levità e leggerezza, acquisendo inoltre note di leggera speziatura che lo rendono particolare e piacevolmente insolito.

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Scopro sempre di più quanto mi affascina scoprire la storia di un’azienda che ha qualcosa da raccontare. Mi piace immergermi nei racconti vivi e sinceri di chi ha creduto fortemente in un qualcosa che, dopo innumerevoli tentativi, si è avverato.

Fermarsi a riflettere su cosa si cela dietro a un bicchiere di vino e sentirsi raccontare la storia è davvero un privilegio.

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