Digital Fashion: in che direzione stiamo andando?

10 Marzo 2014

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Nato come pensiero negli ultimi mesi, voleva diventare uno status su Facebook ma si è trasformato in un post. Uno stream of consciousness sulla piega che sta prendendo il circo della moda a livello digitale.

Da un lato tutti si stanno riempiendo la bocca di parole come Digital strategy, Editorial projects, Product placement, Blogger management e bla bla. Ma pochi sanno realmente di cosa stiamo parlando.

Dall’altro il mondo delle fashion week mi ha portato ad alcune riflessioni.

Complici alcuni post che ho letto e alcune chiacchierate con amici e colleghi ho riflettuto molto su quello che stiamo facendo, su quello che stiamo vedendo e sulla direzione che il tutto sta prendendo sia a livello del lavoro di Digital PR sia a livello di blogger, di sfilate, di streetstyle.

Alessandra Airò (una delle poche blogger che seguo realmente) scrive: “Una settimana della moda, che sia tale e nulla di più… Una settimana della moda che ci riporti alle origini. Pacata, misurata, delicata come le caviglie sottili delle modelle in passerella. Senza strilli, esibizionismi, eccessi dettati dal desiderio di vivere quei quindici minuti di celebrità, che spesso durano anche molto meno.”

Lucia Del Pasqua, a sua volta, ne scrive. “…Io non ce l’ho con tutti, ce l’ho con chi fa più show del dovuto, con chi non è fashion, ma sfashionato, sfasciato, affossato nel proprio ego, cieco nei confronti del mondo, ma perfettamente vedente, 11/10, nei confronti di se stesso. Firmato la blogger che si fa tremila selfie al giorno. “Se ti lamenti perché lavori nella moda?”, i più stupidi mi fanno sempre questa domanda. E ai poco vispi rispondo così: la moda come la intendo io ha poco a che fare con i pagliacci, con le snob secche finite, con i gay con i ciuffi ritti a cercare angeli (maschi) in cielo, con le blogger vestite con diciotto strati perché fa “ricerca”…”

E poi una sera a cena con un’amica che fa il mio stesso lavoro ci dicevamo “Ma chi se li legge tutti questi blog che stanno nascendo?”

E allora si, mi siedo e rifletto sulla blogosfera, sulla non regolamentazione di questo sistema e sull’evoluzione del lavoro del Digital PR.

Penso che così non mi piace molto. Che così non serve a nessuno. Ho notato nel corso del 2012/2013 una grande apertura delle aziende verso i blogger, quasi un cercare di capire e conoscere. Oggi trovo che si stia frenando da un lato e lasciando andare dall’altro. Mi spiego: è una lotta agli accrediti, le lamentele isteriche dei blogger sul perché non siano state invitate. (Ma state facendo sul serio?).  Penso che i blogger dovrebbero rendersi conto che non è un gioco. Mi sembra che tutto sia preso alla leggera. Alcuni non dovrebbero neanche chiederli gli accrediti, credo serva un ritorno al controllo e alla qualità di chi viene accreditato perché è il sistema moda a rischiare di perdere credibilità.

Poi, parliamo di streetstyle. Se tre anni fa lo streetstyle stava nascendo come fenomeno per raccontare la moda e catturare i dettagli migliori dei look di blogger e fashion editor, oggi è davvero triste vedere blogger appostate fuori dalle sfilate per farsi fotografare. Vivere la fashion week con l’ansia dell’outfit credo sia una bolla che scoppierà presto. Sono convinta che i blogger e gli editor siano un ottimo strumento di comunicazione per i designer per farsi conoscere e per far conoscere il brand ma il creare un look per essere fotografati non deve diventare un’ossessione. Fino a qualche fashion week fa era bello vedere la creatività e lo stile personale, ora c’è la tendenza a sembrare una marchetta in total look. Dove sta lo stile in questo? E soprattutto agli addetti al settore non piace vedere dei “pagliacci” tutti colorati a caso, il buon gusto è anche buon senso.

Altro punto, il comprarsi i followers e i like su Instagram. Ora, io so benissimo che ultimamente quando propongo una selezione di blogger ad un’azienda vengono guardati molto di più i follower e i fan piuttosto che le visite al blog ma che senso ha comprarsi i follower? Chi volete imbrogliare? Che valore ha? Io e chi fa il mio lavoro ci mettiamo un attimo a scoprirlo e i blogger che comprano follower e likes su Instagram perdono credibilità ai miei occhi. Pochi ma veri. Sta a voi la bravura nel diventare influencer. Con i soldi non ve la comprate di certo e sarete solo delle meteore.

Questione agenti di blogger. Partendo dal fatto che io per prima non sono convinta che il blog possa essere considerato un lavoro di per sé, non riesco a trovare un modus operandi in questa giungla che si sta creando. Credo che i blogger debbano avere un loro lavoro primario e curare un blog come seconda attività, deve essere una passione e non un rincorrere le aziende alla ricerca di progetti pagati. Ci sono blogger che apprezzo tantissimo per il concept che sono riusciti a creare, Alice ad esempio. E ci sono blogger che amo perché lo fanno seriamente da anni, Sonia ad esempio.

Ultimamente ricevo tante mail e telefonate dalle agenzie che si pongono come agenti dei blogger e spesso sono spin-off di centri media. Ne stanno nascendo sempre di più e la maggior parte non ha i blogger in esclusiva ma ci collabora semplicemente. Queste agenzie inviano media kit in cui sembra di essere al banco del pesce. Visite, click, follower: un minestrone senza logica. Rimango spesso basita e vorrei trovare davvero un’agenzia che sappia valorizzare il lavoro di un blogger e non svenderlo. Gli agenti spingono per realizzare progetti pagati spesso proponendomi dei blogger sconosciuti che hanno comprato palesemente i follower e i likes su Instagram, per dirne una. Ma che valore può avere una cosa del genere?

Io sono d’accordo sul pagare un blogger per un progetto speciale. Non sono d’accordo invece nel pagare i blogger per la presenza ad un evento. Non mi piace il filone blog-star-celebrity.  E alo stesso tempo non mi capacito delle blogger italiane low profile che ti dicono “scrivimi solo per progetti retribuiti”.

Classifiche. Le guardo solo per capire che blogger tirano in mezzo ma non le utilizzo assolutamente. Qui potrei fare un post ad hoc con tutte le cose che avrei da dire a riguardo.

Aprire un blog oggi nel 2014? Mi capita spesso di sentirmi chiedere cosa bisogna fare. Chi apre un blog oggi è sia svantaggiato che avvantaggiato. Dipende da che lato si guarda la cosa. Ci sono case history alle spalle da cui prendere esempio ma allo stesso tempo ci sono troppi blog e riuscire a emergere è difficile. Ci vuole un concept, un piano marketing, un’idea forte, costanza e determinazione. Quello che, secondo me, è un errore è l’approccio di oggi: voglio fare il blogger. Ma no! Il blog come lavoro NON deve essere un obiettivo. Il blog è una passione, un mezzo per farvi conoscere, per divertirvi, per raccontarvi e poi, in secondo luogo, per guadagnarci se sarete bravi a diventare influencer. Ok il creare un piano marketing e un concept ma non puntate sul guadagno come primo obiettivo. Siete uno tra un milione. Il settore moda oggi è saturo di blogger che scattano outfit e selfie. Anche basta, no? O avete un’idea forte oppure sarete una tra tante.

 

Di riflessioni ne potrei fare ancora molte e se si creasse un dibattito con questo post – volutamente un po’ polemico – sarei contenta perché vorrei davvero avere il parere degli altri su questo argomento.

 

 

 

 

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